Lello Masucci visto da Filiberto Menna

Testo critico di Filiberto Menna

Mostra personale di Lello Masucci alla galleria Artivisive di Sylvia Franchi, febbraio 1985, Roma

Dal punto di vista dell’esperienza artistica Napoli può essere definita come una immagine complessa, o, meglio come una immagine dotata di una forte ambiguità percettiva, come quei patterns che la psicologia della percezione impiega per mostrare il fenomeno dell’ambiguità tra figura e fondo.

Napoli è la moltitudine, la folla e la vertigine della moltitudine e della folla. Un rapido spostamento dell’attenzione e l’immagine cambia: l’animazione è scomparsa e al suo posto c’è il silenzio geometrico delle architetture e delle piazze. Ancora uno spostamento e ciò che scompare, ora, è l’intera città e la figura che si accampa in primo piano dentro la cornice è quella del Vesuvio o del mare, come nel dipinto di Brueghel con il golfo visto dall’alto in una giornata invernale e il mare spazzato dal vento e le onde che fanno oscillare le navi.

“Due Onde”, 1984 cm 200 x cm 250, Tecnica mista su tela, Collezione Madame Zames Cannes

Per Lello Masucci Napoli è appunto questo, si è depositato nell’inconscio dell’artista e riemerge, con le intermittenze della memoria involontaria, con lé immagini ricorrenti, vere e proprie metafore ossessive, del Vesuvio, appunto, e del mare. Il mare di Brueghel? E il Vesuvio? Così come ritorna nell’immaginario di Masucci il vulcano sembra ripreso dalle vedute che rappresentano la montagna in piena eruzione con la grande massa di fuoco e di fumo che si innalza minacciosa nel cielo come una perturbante figura onirica.

“Onda”, cm 200 x cm 250, tecnica mista su tela 1984, Collezione Angioletta Colucci De Goyzueta

Per questa ragione l’artista abbassa il profilo della montagna, schiacciandolo sul limite inferiore del quadro e inondando il resto della superficie con il gigantesco pennacchio. Il «paesaggio» dipinto da Masucci non è quindi una veduta, una delle tante legate alla tradizione pittorica napoletana, alta bassa non importa; è piuttosto una visione, ossia una immagine colta con un occhio interno, come nel sogno. Ma anche in questo Masucci sI riallaccia a un filo che ci riporta ben addentro nella nuova cultura artistica napoletana, così profondamente nutrita di umori surreali, così intimamente, inestricabilmente legata alla dimensione dell’immaginario.

“Il canto della Montagna”, 1985, cm 150 x cm 180, Tecnica mista su tela. Collezione Nino Volpicella

Nell’opera di Masucci il dato reale perde perciò ogni connotazione oggettiva per acquistare i caratteri propri dell’immagine onirica in grado di racchiudere in sé significazioni diverse in virtù dei procedimenti di condensazione e di spostamento: così il grande pennacchio che fuoriesce dalla cima della montagna può essere nello stesso tempo un albero o una figura femminile ed è lo stesso che si innalza da una imbarcazione che sta affondando in un mare tempestoso.

“Battaglia navale”, 1984, cm 100 x cm 120, Tecnica mista su tela

Il discorso fatto fin qui potrebbe far pensare a un tipo di pittura illustrativa, a una registrazione descrittiva di immagini interne. Nulla di tutto questo nell’opera di Masucci, che è sorretta invece da una felice concretezza pittorica, da una densità e ricchezza cromatica che tanto più risaltano in quanto gestite all’interno di una configurazione notturna dell’immagine.

Filiberto Menna

Vesuvio rosso
“Vesuvio rosso”, 1984, cm 180 x cm 150, Tecnica mista su tela
Onda
“Onda”, 1986, cm 110 x cm 140, Tecnica mista e olio su tela

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